giovedì 20 agosto 2015

LA "MEFITE" DI ROCCA S. FELICE NELL'IRPINIA

giovedì 20 agosto 2015

La Mefite di Rocca San Felice nell'Irpinia di Pietro Leonardi, Milano, 1940



LA "MEFITE" DI ROCCA S. FELICE NELL'IRPINIA
            
            Con piacere apprendiamo del restauro cnservativo del castello di Rocca e dell'ideazione e realizzazione dei sentieri della Mefite.

             Come contributo si pubblicano alcuni itineari di visita a Rocca nei tempi passati.
              Buona visita e lettura!
                                                     §§§§§§§
 
            I grand tour per il passato hanno interessato Rocca San Felice, con sorpresa ho ritrovato sulla prestigiosa rivista “LE VIE D’ITALIA, rivista mensile della Consociazione Turistica Italiana, A. XLVI, Marzo 1940, n. 3 edita a Milano della medesima Associazione, che successivamente prenderà il nome del Touring Club Italiano. Colpisce l’interesse per le zone interne dell’Irpinia, per la celebre Valle di Ansanto ed in particolare per il paese di Rocca San Felice. Sull’Irpinia di queste annate viene riportato solo il reportage su Montevergine. Viene riproposto sul Bollettino di S. Felicita, il raro articolo, impreziosito anche da bellissime foto d’epoca dell’autore,  con l’invito fare di più per far conoscere la “piccola Assisi dell’Irpinia” nel mondo. ( Giovanni Orsogna)
Abstract:
 
E
bbi occasione recentemente di visitare la zona compresa tra Frigento e S. Angelo dei Lombardi nell' Irpinia, zona la quale, oltre a riuscire assai piacevole per l'amenità dei suoi colli e per la sua tipica architettura rurale, presenta grande interesse per alcuni notevoli fenomeni naturali, consistenti in emanazioni gassose talora imponenti.

LA CARATTERISTICA FONTANA NELLA PIAZZA   DI  ROCCA S. FELICE.  (Fotog. dell'Autore}

La principale tra queste è quella nota, nella zona, col nome di « Mefite », la quale vanta una rinomanza assai antica, essendo conosciuta da tempo immemorabile e citata anche da vari autori classici, tra cui Virgilio, che nell'Eneide immaginò in questa località « saevi spiracula Ditis ».
Per visitare la « Mefite » partendo dalla cittadina di S. Angelo dei. Lombardi, si può andare in automobile fino al caratteristico paesino di Rocca S. Felice, seguendo per breve tratto la Via Appia.

Questa via passa poco a Nord di S. Angelo, alle falde di una serie di colline costituite da conglomerati pliocenici, le quali, con la loro morfologia giovanile a fianchi piuttosto ripidi, sono più adatte alla vegetazione arborea che alle coltivazioni.
ROCCA SAN FELICE VISTA DA LONTANO, DA’ L’IMPRESSIONE DI UN BRANCO DI PECORE PASCENTI SOTTO LA VIGILANZA DEL PASTORE, SI NOTI IL CONTRASTO  FRA LA MORFOLOGIA DELLA RUPE CALCAREA ISOLATA DEL CASTELLO E QUELLA DELLE CIRCOSTANTI COLLINE COSTITUITE DAL COMPLESSO DELLE COSI DETTE “ARGILLE SCAGLIOSE”.

Oltrepassata la rustica chiesetta dell'Assunta si lasciano queste colline per proseguire in di­rezione di Frigento. È interessante osservare il cambiamento che si verifica nella morfologia locale al passaggio dalla zona conglomeratica suddetta ad una zona corrispondente, invece, a vasti affioramenti delle cosiddette « argille sca­gliose », che sono un complesso arenaceo-argillloso più antico. Non abbiamo più ora le linee piuttosto aspre delle colline di S. Angelo, ma na distesa di dossi a linee assai, dolci e pendici verdeggianti di prati o biondeggianti di messi.
Lasciata poco dopo anche la strada per Frigento, si scende con larghe curve al grazioso paesino di Rocca S. Felice, il quale, con la ca­ratteristica e dignitosa architettura seicentesca di alcune sue case e della fontana che orna la sua piazza, rivela passate condizioni di vita ab­bastanza florida.
L'impronta essenziale delle vecchie case di questa zona dell’Irpinia è costituita da graziose logge con architrave sostenuto da esili colon­nine, ed è assai spiacevole che nella costruzione delle case moderne si trascuri questo elemento architettonico così elegante.
La parte più antica del paese è addossata al versante meridionale di una rupe isolata, co­stituita da bianchi calcari probabilmente cre­tacei, sulla cui vetta si ergono le pittoresche rovine di un turrito castello medioevale.
Si tratta, con ogni probabilità, di un ca­stello longobardo, in cui la tradizione locale vorrebbe fosse morto in prigionia un figlio di Federico II.

IL CASTELLO DI ROCCA SAN FELICE, IN CUI SECONDO LA TRADIZIONE, SAREBBE MORTO DI PRIGIONIA UNO DEI FIGLI DI FEDERICO  II.


LA CARATTERISTICA FONTANA NELLA PIAZZA DI ROCCA S- FELICE. (Fotog... dell'Autore}
UNA VECCHIA CASA DI ROCCA SAN FELICE

Osservando il paese da lontano si ha l'impressione di un branco di pecore pascenti sotto la vigilanza del pastore. La parte più recente dell'abitato si allontana invece dalla rupe, stenden­dosi sul ripiano verdeggiante che fiancheggia la strada per la quale si arriva a Rocca S. Felice.
È curioso, anzi, il fatto che, per costruire le nuove case, gli abitanti, anziché far uso dei ma­teriali calcarei o arenacei del territorio circo­stante, trovano più comodo utilizzare il mate­riale ricavato dalla demolizione delle vecchie case addossate alla rupe, con evidente danno al pittoresco aspetto della parte antica del paese.
In questa è particolarmente degna di nota la piazza, nel cui centro si erge un annoso tiglio circondato da banchi di pietra, e le cui costru­zioni costituiscono un complesso pieno di carrattere, che sarebbe desiderabile non venisse sfigurato con demolizioni o nuove costruzioni utilitarie.

Lasciata Rocca S. Felice, si prosegue a ca­vallo a piedi per una comoda mulattiera, la quale conduce in breve alla bella chiesetta di S. Felicita, fiancheggiata da un caratteristico gruppo di giganti arborei. Qui si scende in una vicina valletta, sul cui fondo si trova appunto la famosa “Mefite”.
Essa comprende vari orifizi sparsi lungo il ruscello, dai quali sfuggono notevoli quantità di  gas . Il fenomeno presenta la massima intensità su un ripiano sul fianco destro della valle, dove si affondano varie pozze – alcune delle quali crateriforme – di acqua fangosa intensamente ribollente per la fuoriuscita di gas, i quali sollevano l’acqua ad una certa altezza in corrispondenza degli orifizi dando l’illusione che si tratti di sorgenti d’acqua anziché  di semplici manifestazioni gassose.
Il fenomeno si è reso anche più evidente dall’aspetto desolato del terreno circostante. Ciò deriva dal fatto che i gas emessi con tanta intensità hanno notevolmente alterato le rocce circostanti e impediscono il prospettare della vegetazione.
Abbiamo quindi tutto attorno, per un raggio abbastanza considerevole, una zona di rocce e di detriti biancheggianti (ricoperti qua e là da incrostazioni cristalline e da cristalli sparsi di minerali vari) che contrasta stranamente con le verdeggianti pendici dei colli circostanti.
L'esistenza della « Mefite » ha spiacevoli conseguenze anche per la vita animale della zona, in quantoché i gas, nei­giorni in cui il vento non li allontana dalla depressione valli va, vi sostano in quantità rilevante, egli animali che vi giungono ignari rimangono soffocati.
Oltre alle monete, vi si rinvengono comunemente anelli, pendagli, fibule, vetri, lampade, oggetti votivi in terracotta, ecc.; e da ciò taluno deduce l'antica esistenza, nelle imme­diate vicinanze, del culto di una « dea Mefite” ».

ROCCA PANORAMA9.jpg
LA -MEFITE» PRESSO ROCCA S. FELICE. SI NOTINO I PICC01.I BACINI CRATERFORMI, IL GRANDE BACINO CON L'ACQUAFANGOSA RIBOLLENTE PER L'USCITA DEI GAS E LA DESOLAZIONE DEL TERRENO CIRCOSTANTI!. 

Del resto, sculture ed iscrizioni romane : sono abbastanza frequenti in tutta questa zona, "che; unisce a pregi naturali ed artistici anche una certa importanza archeologica.

È, quindi, un peccato che, data la lontananza dell’Irpinia dalle principali correnti turistiche, il territorio di S. Angelo e Frigento sia assai meno conosciuto di quanto meriterebbe.
PIERO LEONARDI

mercoledì 24 novembre 2010

Il Santangiolese: Ecomuseo di Botticino la realizzazione del 1° ecom...

Il Santangiolese: Ecomuseo di Botticino la realizzazione del 1° ecom...: "Ecomuseo di Botticino la realizzazione del 1° ecomuseo in Italia, dall'esperienza del sisma in Irpinia a Botticino23novembre 1980 .... 23 n..."

lunedì 7 luglio 2008

ROCCA SAN FELICE. FESTA DI SANTA FELICITA E FIGLI

ROCCA SAN FELICE
FESTA DI S. FELICITA MARTIRE E SUOI FIGLI


Felicita, discende da una delle più antiche famiglie patrizie di Roma, probabilmente della GENS CLAUDIA, visse nella Roma imperiale durante la prima metà del II secolo. Erano trascorsi circa cento anni dalla nascita di Cristo e, grazie alla predicazione degli Apostoli Pietro e Paolo, il Cristianesimo era andato diffondendosi sempre di più, non solo fra i diseredati e gli umili ma anche tra le famiglie patrizie, proprio a causa dei saldi su cui si basava la nuova religione.

Certo erano momenti in cui l'appartenere alle teorie del Divino Maestro significava andare incontro a rinunce eroiche e persecuzioni tremende da parte dello Stato che credeva essere il Cristianesimo la causa dei mali e delle calamità dell'Impero Romano. Non conosciamo il nome dell'uomo a cui Felicita si era unito in matrimonio ma sappiamo con certezza che da lui ebbe la gioia di diventare madre per ben sette volte, prima di rimanere giovane vedova.
La sua attività casalinga di madre premurosa e i pesanti impegni domestici non le vietarono le sue attenzioni agli insegnamenti di quella nuova setta di origine orientale, chiamata Cristianesimo, alla quale si convertì con tutta la famiglia. In questo momento storico, a Roma, è in atto già da anni una penetrazione cristiana capillare nelle varie classi sociali: proletari, schiavi, banchieri, negozianti, piccoli borghesi, artisti e artigiani costituivano nel II secolo il tessuto della Chiesa nascente, come ricorda la "Tradizione Apostolica" di Ippolito nel menzionare i mestieri e le professioni di coloro che accendevano all'istruzione catecumenale per il sacramento battesimale.

Nel cuore dell’Irpinia, presso la Valle di Ansanto, un tempo sede di diffusione del culto di Mefite-Aravina (VII-II sec. a. C.), sorse nei primi secoli dell’era cristiana il culto alla Madre dei Sette Figli, Felicita, una nobile matrona romana. La felice intuizione della sostituzione di Mefite, antica madre osca, venerata dai popoli dell’Italia antica, con la madre eroica cristiana, non produsse sconvolgimenti nelle tradizioni locali, anzi fu il volano delle conversioni alla nuova fede del Gesu’ di Nazaret.
Propagine dell’antica diocesi di Aeclanum, dove nella città fu scoperta la celebre ara di Mefite con iscrizione osca, fu nota ai letterati e scrittori del tempo. Una piccola chiesa rurale fu costruita sul pianoro di S. Felicita, dove sorgeva un piccolo pagus con ville rustiche. La tradizione vuole che sia stato S. Felice da Nola a sostituire il culto pagano con quello cristiano.
Da oltre un millennio la devozione alla santa martire romana e figli ha unito i cristiani pellegrini, che hanno sostato ai piedi dell’altare. Ai cristiani del terzo millennio la testimonianza dei martiri, che hanno effuso il sangue per amore di Cristo crocifisso e risorto è sempre attuale ed è sprono per la rinascita e all’impegno della nuova evangelizzazione.
Nel caldo mese del solleone, dall’Irpinia, e Puglia, pellegrini si riversano a venerare Santa Felicita e ricordano il martirio dei Figli, con una festa liturgica e civile. Un tempo era famosa anche la fiera accorsata.
Un dignitoso santuario accoglie i pellegrini, in stile neoclassico, all’interno si possono venerare le statue lignee di Felicita, secc: XVI-XVIII, due stupendi quadri del martirio dei figli, un bell’antiquarium documenta le vicende storiche ed artistiche del pagus romano e gli ex- voto che testimoniano la fede popolare.
Ai pellegrini, quest’anno viene offerto anche la ristampa del libro di P. Zaccaria Santoli, edito dal santuario, una delle prime biografie che conservano la loro attualità. Il testo è stato desiderato e realizzato dal parroco P. Luigi Martella, con la collaborazione della trascrizione della Prof. Virginia Galante.
La festa si svolge sempre nei giorni 8-9 e 10 luglio, dove i turisti possono gustare i prodotti genuini e le tipicità culinarie locali, celebre il formaggio di Carmasciano e l’angello arrostito che in quest’area per il tiupo di cucina e l’aria di Mefite è di un gusto veramente speciale.
Invito gli Irpini e i forestieri a non mancare all’appuntamento dove fede, cultura e natura e la consueta ospitalità dei rocchesi assicurerà un soggiorno piacevole.
Da non dimenticare la visita alla Valle di Ansanto e alla Mefite, il bosco decantato da Virgilio e il borgo medievale.
Giovanni Orsogna

domenica 4 maggio 2008

ROCCA SAN FELICE. FESTA DI S. FELICITA

Processione di S. Felicita, prima domenica di maggio 2008
Rocca San Felice. Festa di S. Felicita
S. Felicita ritorna al suo santuario, maggio 2008
Rocca San Felice
Si rinnova la grande processione di S. Felicita Martire
Nel cuore della Verde Irpinia, nella celebre Valle di Ansanto, ogni anni si rinnova la suggestiva festa di S. Felicita Martire romana del I secolo d.C., una millenaria processione, a ricordo delle processioni penitenziali, che hanno sostituito quelle primitive dell’offerte delle primizie alle divinità pagane irpine-sannitiche, sono state nel corso del tempo purificate dal cristianesimo.
Una folla di fedeli, dopo la S. Messa presso la Cappella di S. Maria di Costantinopoli, hanno attraversato le lussureggianti campagne, dove campeggiano i campi di grano e di papaveri rossi, con canti devozionali antichi, dopo due ore sono giunti al millenario santuario della Martire Romana Felicita, madre dei sette figli.
Al di là del folclore, si è percepito un fremito, un legame con tanti pellegrini che hanno attraversato campi, divorato kilometri, un tempo non molto lontano, le donne econ le fascedde sulla testa a piedi nudi, con energie e fede atavica portavano la statua , in cammino verso la meta del santuario.Il culmine dell’evento converge sempre nella liturgia eucaristica e nel sermone dove il parroco, ha indicato i santi come ponte per incontrarsi con Cristo, verso sole, e dove con Lui, niente si perde, e tutto si guadagna.
Anche il sole ha illuminato la stupenda statua dei questa eroina, protettrice delle vedove, e dei bambini, venerata nella Roma cristiana come “Cultrix Romanarum”, protettrice dei Romani, dove presso le Catacombe fu venerata da Pontefici e gente comune.Il Santuario irpino è frutto di restauri del novecento, nella sua semplicità è accogliente e da quest’anno si arricchirà di un nuovo locale al servizio del santuario.
Tra i piu’ antichi dell’arcidiocesi di Santangelo dei Lombardi, Nusco, Conza e Bisaccia, meriterebbe di essere valorizzato come santuario diocesano per la famiglia, custodisce una preziosa tavola lignea del sec. XV, una tela del martirio datata 1573, due stupende statue della santa martire ed un interessante antiquarium.Il percorso storico di oltre un millennio parte dalla Valle di Ansanto per giungere al santuario di Felicita M., accomunato dalle bellezze naturalistiche rappresenta un polo attrattore per il turismo religioso.
Per non parlare del borgo medievale di Rocca San Felice, la “piccola Assisi dell’Irpinia”. E’ senz’altro un tuffo nel cuore delle verdi vallate dell’Irpinia da riscoprire e da visitare.
I Santi Sette Fratelli, figli di Santa Felicita di Roma, sono venerati come martiri alla data del 10 luglio.
Presso il santuario a Rocca San Felice, per antica tradizione si festeggia ben tre volte: 1. La prima domenica di maggio, a ricordo delle antiche feste in onore della Dea Madre Mefite, il culto si diffuse già verso il IV secolo d. C. in area Irpinia; il culto della Madre dei sette figli sostituì quello di Mefite (VI a.C. IV sec.); il 10 luglio festa del martirio dei sette Figli, e 23 novembre per quello della Santa Martire romana.
Il martirio
La Passio di Felicita, composta tra la fine del IV e l'inizio del V secolo, narra che, ricca vedova romana, fu accusata di pratiche cristiane durante l'impero di Antonino Pio (tra il 138 e il 161 d.C). Dapprima fu interrogata da sola dal prefetto di Roma Publio, senza risultato.
Il giorno dopo Publio fece condurre davanti a lei i sette figli (Gennaro, Felice, Filippo, Silano, Alessandro, Vitale e Marziale) che, a causa della loro fermezza nel rifiuto di rinnegare la fede, furono martirizzati uno alla volta con diversi supplizi. Infine anche Felicita fu uccisa. Secondo vari studiosi il racconto ha caratteristiche leggendarie ed è improntato alla vicenda biblica dei sette fratelli Maccabei.[1] I Padri Bollandisti a seguito di un riesame di tipo storico sui testi della Passio hanno messo in discussione l'esistenza della matrona romana Felicita, pur non escludendo la veridicità del martirio dei sette fratelli.
Gli ultimi studi, le testimonianze archeologiche, le omelie dei Papi e le traslazioni delle reliquie sembrano invece confermarne l'autenticità e la veridicità storica.
Il culto e l'iconografiaIl culto di Felicita di Roma (di cui si fa memoria il 23 novembre e da non confondere con l'omonima martire compagna di Perpetua) e dei suoi sette figli (di cui si fa memoria il 10 luglio) è attestato fin dal IV secolo: papa Bonifacio I (418 - 422) edificò una basilica sul sepolcro della santa, presso il Cimitero di Massimo sulla via Salaria, dove fu sepolto lui stesso. Si ha notizia che presso questo sepolcro si soffermò in preghiera San Gregorio Magno.
A Roma Felicita era particolarmente venerata dalle donne che volevano avere figli, e in genere come protettrice delle donne romane: il titolo di Felicitas cultrix Romanarum risale al V secolo. Oltre che in vari luoghi d'Italia[2], testimonianze del culto di Felicita si trovano in Austria, Germania e nelle Fiandre.
La venerazione in area beneventana, anch'essa molto antica, è legata alla traslazione di reliquie della santa a Benevento. In Irpinia è attestato il santuario della Madre e suoi figli a Rocca San Felice, nella diocesi di S. Angelo dei Lombardi, già presente nel XVI secolo, ma certamente più antico, che ha sostituito il celebre santuario italico di Mefitis nella Valle di Ansanto del secolo VI a.C., ad opera del santo presbitero San Felice da Nola, confessore e martire.
Nel santuario sono custoditi una pala lignea del XV secolo, un olio su tela del martirio, una statua lignea della martire del XVII secolo e uno stupendo busto ligneo del XVIII secolo; sul petto di quest'ultima si conserva la reliquia di due denti molari.
Nel XV secolo esisteva un'abbazia dedicata A S. Felicita a Montefalcione (AV), oggi scomparsa, e nell'alto medioevo era documentata una chiesa dedicata a S. Felicita e Figli in Montemarano. Nella cattedrale di Nusco (AV) si conserva una tela del Cinquecento del martirio di S. Felicita, forse di provenienza dalla scomparsa chiesa montemaranese.
Il culto di Felicita e suoi figli si è diffuso nel medioevo ad opera dei padri verginiani e benedettini. Altre reliquie si conservano nella cattedrale di Alife, dove nel X secolo furono traslate da Roma: lo attesta una passio dell' XI secolo custodita nella Biblioteca Capitolare di Benevento.
Si conservano in questa diocesi i reliquiari lignei del XIX secolo dei figli e della Santa Martire. L'iconografia più antica risale al V secolo: in un oratorio risalente a quel periodo, scoperto nel 1812 vicino alle Terme di Traiano, la santa è rappresentata in piedi contornata dai sette figli; in altri casi mostra un piatto o una spada con le loro teste mozzate, come nell'illustrazione che figura in questa pagina; altre volte è ritratta in trono, in posizione ieratica e solenne, sempre attorniata dai figli; più rara l'iconografia che la rappresenta come madre afflitta.
Il legame con i Sette Fratelli è presente nella denominazione del comune di Settefrati (FR), con sicura derivazione dal culto di Felicita e dei figli, attestato anche dalla presenza di due chiese, l'una dedicata ai Santi Sette Fratelli, e l'altra a Santa Felicita, e di una cappellina, pure dedicata a Santa Felicita, nella frazione di Pietrafitta; in Umbria, nei pressi della località anch'essa denominata, per una singolare coincidenza, Pietrafitta (Piegaro), c'è l'antica abbazia dei Sette Frati.
Altre non infrequenti attestazioni toponomastiche (es. la spiaggia Settefrati a Cefalù , Portella dei Sette Frati, Monte Sette Frati, Sette Fraris in Sardegna) non sempre sono sicuramente collegate a questo culto, e in qualche caso potrebbero essere ricondotte alla numerosa serie di nomi di luoghi composti col numero sette, cui è notoriamente attribuito un valore magico.
Nel caso dell'Oratorio dei Sette Fratelli, a Traona, in provincia di Sondrio, una leggenda locale sull'origine della chiesa sembra mescolare elementi mitico-fiabeschi a elementi di tipo agiografico in qualche modo riconducibili al culto dei sette fratelli santi.
Note1. Si tratta tuttavia di un argomento di carattere esterno, che può essere messo in dubbio dalla curiosa circostanza che la vicenda di sette fratelli uccisi per una qualche causa è presente anche in episodi storici contemporanei, sicuramente ben documentati.2. Di particolare interesse è la chiesa di Santa Felicita a Firenze, che conserva un dipinto di Neri di Bicci rappresentante la santa con i sette figli .

Fonti e bibliografiaI manoscritti delle due versioni della Passione di Felicita sono riportati in BHL I, p. 429-430, n. 2853, 2854, 2855. La rassegna completa delle fonti si trova in "Biblioteca agiografica italiana", Firenze, 2003, I, p. 257-259.

F.C. BURKITT, St. Felicity in "Journal of theogical studies", 32(1930-31), p. 279-287.

Filippo CARAFFA e Maria Chiara CELLETTI s.v. Felicita e sette figli, in "Enciclopedia cattolica".

Giovanni Battista DE ROSSI, Scoperta di una cripta storica nel cimitero di Massimo, in "Bullettino di archeologia cristiana, IV, 3(18884-85).

Nicola GAMBINO, "Da Mefite a S. Felicita", Lioni, 1967.

Giovanni ORSOGNA, "S. Felicita e suoi Sette Figli", inedito, in corso di stampa.

Claudia RICCI, La Chiesa di S. Felicita a Firenze, Firenze, Mandragora, 2000

sabato 26 aprile 2008

nuovo sito della Soprintendenza ai Beni Archeologici di Salerno e Avellino

Avellino
L'attuale provincia di Avellino coincide con l'Irpinia, crocevia nel corso dei secoli di percorsi e itinerari di comunicazione tra la costa adriatica e quella tirrenica.

i luoghi della provincia di Avellino
Ariano Irpino
Atripalda
Avella
Casalbore
Conza della Campania
Flumeri
Lauro
Mirabella Eclano
Morra De Sanctis
Taurasi

La valle del Sabato (con l'insediamento principale di Abellinum) e l'alta valle dell'Ofanto (con i centri antichi di Cairano, Bisaccia, Calitri, Morra de Sanctis, Conza - l'antica Compsa -) rappresentano comprensori geogragici densamente occupati nell'antichità, che conservano consistenti resti materiali della loro storia. Tra i siti archeologici fruibili sono da annoverare il Parco di Mirabella Eclano; il Parco di Atripalda, l'antica Abellinum; le aree archeologiche e l'Antiquarium di Avella, nel quale è esposta una ricca esemplificazione del materiale recuperato nel corso delle indagini archeologiche condotte nell'alta valle del Clanis e nell'insediamento antico di Abella.

Nella cartina a fianco sono indicati esclusivamente i Parchi, le aree archeologiche e i
Xoanon della Dea Mefite
Museo Irpino di Avellino
Antologia della Mefite


a cura di Carmela Amati
IL CULTO DI MEFITIS
Ma la certezza della forte preponderanza templare in Lucania specificamente a Vaglio e Rossano è data dai resti del luogo sacro dedicato alla dea Mefitis , ora naturalmente divenuto santuario mariano.
Il simbolismo rivelatore templare recepisce la Dea e i suoi sacri attributi e la innalza al culto cristiano della Grande Madre Celeste
Virgilio nell’Eneide descrive un sito , quello di Acheronte la cui descrizione ci dà l’immagine di quello in cui si trova la Dea Mefite.
La dea è tale perché dispensatrice di vita, l’acqua ne è il simbolo, è anche dispensatrice di morte.
Il commento di Servio a Virgilio ci chiarisce che il terribile odore dello zolfo uccide chi si avvicina.
Il sacrificio alla Dea era incruento, nel senso che la sola esposizione alle acque maleodoranti- perciò mefitiche- ne causava la morte.
La palude con fumi solforosi era anche un segnale del sacro in quanto era oracolare, fonte cioè di oracolo.
Il grammatico Porfirio nel commentare versi di Orazio parla di un locus di Mefite caratterizzato da acque paludose con emanazioni putride , ma sede di un oracolo.
La Dea corrisponde al bisogno religioso templare di continuare la sacralizzazione della stessa perché portatrice di caratteristiche sacre come la vita, la morte, il predire avvenimenti , di guarigione di persone e armenti.
I teonimi attestati dalle iscrizioni di Rossano ampliano il quadro dando indicazioni sulle caratteristiche della Dea.
L’appellativo “aravina”dal latino “arvom” la collega al ciclo agreste della coltivazione dei campi, la dea a cui si riferiscono i contadini per la buona raccolta.
L’appellativo “arvia” riporta il nome alle sfera aruspicale.
“Kaporoinna” è l’appellativo legato alle “feriae ancillarum”, appartengono alla Dea Mefite i riti della fertilità e quelli della capra animale caro a Giunone .
La Mefite “utiana” fa appello alla sua funzione regale, quindi sacra , di dea.
Altri teonimi di Rossano sono la “Venus coacina”, la “Venus Murcia” e la “Venus Libitina” analogie che connotano la dea nella sfera matronale , matrimoniale , e funeraria.
Mefite è una dea liminare, è quindi bi-polare, sta tra la vita e la morte, il suo culto come nel nostro caso trova collocazione in zone boscose, ricche di acque legate a fenomeni solforosi e paravulcanici.
E’ una divinità nostrana, dell’Italia centro-meridionale venerata dagli “osci”, la popolazione che abitava queste terre.
Le erano dedicate le esalazioni sulfuree e vulcaniche.
La ritroviamo sacralizzata anche a Roma nel tempietto dell’Esquilino.Il suo compito : proteggere dai miasmi.
L’etimologia di Mefite però riconduce a un altro significato , caro ai Templari che comunque ben si coniuga con gli altri prima esposti : il latino “mefifitis” è colei che fuma nel mezzo.
Anche nel linguaggio osco : mefiai corrisponde al latino “ medium”, per cui Mefite è la Dea che sta nel mezzo, simbolo caro ai milites christi .: la dea che sta nel mezzo, che agisce tra cielo e terra, fra sottosuolo e superfice, fra mondo ctonio e quello uranio.
Ma la mediazione cara ai nostri Milites Templi è anche quella intesa come scambio, come mercato, luogo di incontro e meditazione.
Mefite è la Dea delle molteplici protezioni, dea primigenia che come la natura sovrintende le fasi più importanti della vita: nascita, matrimonio e morte, che sovrintende oltre alla vita agreste composta di piogge invernali e caldo estivo e buoni raccolti, anche la vita di relazione, produttiva e commerciale, unisce in sè le caratteristiche femminili legate alla riproduzione quelle maschili legate al mondo della produzione, dello scambio commerciale e dell ‘ economia.
Nei territori di Vaglio e Rossano dove il culto della Dea Mefite si attestava con forte simbolismo esoterico c’erano tutti i principi vitali di archetipi primigeni della vita che non potevano non essere tradotti da Milites Christi nella Devozione alla Grande Madre che li ha connotati nell’arco della storia.

CARMELA AMATI